Recensioni
Il cerchio della vita (Quattro figure) 2014 Composizione in argilla bianca su tronco d'ulivo e sassi · cm 50x45x35
Assonanze e Metamorfosi · Una visione, un’esperienza.
Ricordo la personale di Maria Paola Amoretti, tenutasi a Vado Ligure presso Villa Groppallo dal 20 al 26 maggio, come un momento di respiro dell’arte, un’oasi di autenticità e di originalità espressiva in un periodo nel quale il territorio dal punto di vista artistico e culturale si presentava sovrabbondante di offerta ma non altrettanto di novità e di stimoli, anzi all’insegna della ripetizione e della ri-riproposizione. L’evento però non ha riscosso a mio parere l’attenzione che avrebbe meritato; ritengo non solo a causa della breve durata e della limitata pubblicizzazione, ma principalmente per effetto di ciò che ormai costituisce una sorta di malattia endemica al milieu artistico/culturale locale (almeno alla parte che conta), autoreferenzialità e orizzonti corti. Maria Paola, non certo sconosciuta a Savona, nonostante abbia dato un significativo contributo a numerose rassegne e collettive locali, rimane tuttavia una ‘foresta’: non si è formata in nessuna scuola del territorio nè appartiene ad alcuno dei consueti cenacoli della cultura e della riproduzione della ceramica e pertanto risulta estranea ai relativi riti. Il mio interesse per Maria Paola è nato invece proprio grazie al suo distinguersi dal panorama locale, all’apparire fuori dal coro, che ho percepito già dalla prima visione dei suoi lavori. Fu in particolare la scultura Il cerchio della vita ad incantarmi e a spingermi a fare la sua conoscenza: una sezione di tronco d’albero con la sua grezza corteccia su cui figurine bianche, smaltate, levigatissime semi-adagiate stavano a rappresentare le varie fasi della vita; la scultura faceva parte di una collettiva, ma spiccava a tal punto da far quasi perdere d’interesse le altre opere esposte. A seguito di quella visione realizzai di essere in presenza di un esempio di scultura con la S maiuscola, ovvero dell’arte di dar vita all’oggetto e insieme allo spazio circostante e non semplicemente di modellare e decorare figure; sentii la necessità di mettere per iscritto quell’emozione e fu così che prese ‘forma’ una delle mie prime recensioni d’arte, La poesia della terracotta, che l’artista ha tanto apprezzato da postarla in grande evidenza nel suo bel sito on-line. Proprio Il cerchio della vita nel rappresentare la connessione vitale tra l’albero e la condizione umana, è l’opera che ha più anticipato i tronchi in terracotta che compongono Assonanze e Metamorfosi, l’ultima serie creata dall’artista, quella che ha fatto tappa a Vado Ligure dopo Mantova e Genova e che purtroppo solo pochi ‘eletti’ hanno colto l’opportunità di ammirare. Sono stata proprio io a consigliare la location ove ha sede il museo dedicato ad Arturo Martini quando Maria Paola mi ha espresso il desiderio di portare Assonanze e Metamorfosi anche a Savona. Mi era parsa una scelta ‘necessaria’ per un duplice motivo: intanto perché il soggetto della sua nuova serie Il Tronco, come dichiarato dall’artista stessa nel magnifico catalogo di presentazione (Maria Paola Amoretti, Assonanze e Metamorfosi, ed. Gambera 2022), trae ispirazione proprio dall’opera martiniana Torso di giovinetto; ma a maggior ragione perché è proprio il suo plasmare a richiamare la postura creativa e il taglio stilistico del grande maestro: nell’idea della scultura come rappresentazione di gesti piuttosto che di stati e come figurazione di soggetti mai con-clusi ma sempre aperti ad altro, ed anche nella manipolazione della materia con l’alternanza tra levigato e graffiato e lo scavo, che insieme concorrono a creare una dinamica osmotica tra il dentro e il fuori, tale da rendere viva una cosa che di per sé è morta. La suggestiva ex cappella adiacente al museo dedicato ad Arturo Martini in effetti appariva già a prima vista la sede ideale dello splendido allestimento curato da Maria Paola, che ha avuto modo nell’occasione di dimostrare la sua capacità di modellare lo spazio come scultrice ma anche come architetta: una serie di tavoli posti su cavalletti zig-zaganti sul lato più illuminato e convergenti in un punto focale al centro della zona dell’altare, sui quali le sculture si presentavano installate ad altezza ottimale per la vista in una sequenza tale da guidare il visitatore in un percorso di percezione delle varianti al tema del tronco, dall’umano all’albero e viceversa, e quindi alla lettura delle assonanze e metamorfosi che ogni singola statua metteva in scena. La chiave interpretativa della mostra si offriva con evidenza lampante: il doppio interrogativo “Alberi? Umani?”( che appare peraltro nella copertina del catalogo); siamo in presenza di corpi appartenenti al mondo vegetale o a quello animale e in particolare all’uomo? Il nesso che propone l’artista, assonanze e metamorfosi, richiama infatti qualcosa che tra i due elementi risuona in modo simile ed evoca altresì le varie possibilità di mutazioni e trasformazioni convergenti e reciproche. Vorrei però discostarmi da una ‘facile’ interpretazione culturale che chiamerebbe in causa i numerosi esempi di trasformazione di umani in vegetali e viceversa che il mito e la letteratura ci hanno tramandato. Maria Paola Amoretti penso abbia voluto andare oltre il mito o comunque by-passarne la fenomenologia per attingere il senso più profondo del mistero, al fine di svelare, attraverso una rappresentazione materico-simbolica, il suo sguardo sul ‘creato’, la solida impostazione spirituale della sua filosofia della vita che anima in coerenza l’attività creativa. L’artista ha inteso ricordarci che Alberi e Umani sono fatti della stessa materia, la terra, grazie alla quale nasciamo, ci nutriamo e cresciamo; la materia di cui siamo fatti d’altronde alla terra ritorna per dare inizio ad un nuovo ciclo vitale. Alberi e Umani condividono l’aria ed entrambi si protendono al cielo per catturare la luce, grazie alla quale si rendono visibili ed entrano in relazione con i propri simili e con le altre creature. Alberi e Umani interagendo si trasformano: l’albero cambia forma a causa della scure, delle cesoie, delle mani dell’uomo; l’uomo adatta il suo vivere a seconda degli alberi e delle piante che vivono intorno a lui; ma entrambi sono trasformati dal tempo e dall’azione combinata degli elementi che governano il pianeta. Nella sequenza delle sculture ho letto le rughe via via più profonde e le ferite che l’aria, l’acqua e il sole scavano nel tempo e infliggono nel corpo di Umani ed Alberi; nei rari colori che spiccano sull’uniforme rosso della terra ho ‘visto’ anche i fiori ed i gioielli scintillanti che la vita regala ….ma sempre nella consapevolezza della comune inesorabile trasformazione, il ritorno alla materia primaria che è all’origine del vivente, vegetale o animale che sia. Nulla meglio della terracotta levigata dal colore acceso di Maria Paola riesce, sublimando la materia, a rappresentare il mistero della madre-terra, l’incanto e la ‘drammaticità’ insieme del ciclo vitale che ci accomuna e a cui non è dato sfuggire; nulla meglio del suo scalpello imprimendo segni e tagli riesce a far ‘urlare’ alla materia plasmata tutto il dolore e la tragedia che scorrono nelle vene del pianeta. La visione della mostra di Maria Paola ha rappresentato per me non solo una delle occasione di maggior godimento estetico che la stagione abbia offerto, ma una vera e propria esperienza ‘mistica’, la possibilità di oltre-passare i limiti del sé ed il pensiero della contingenza per puntare l’obiettivo della mente su ciò che in genere non sappiamo o non vogliamo vedere, per riconoscere il bello e il vero anche laddove appare la morte e la distruzione, per attingere verità nascoste attraverso la fallacia dell’evidenza. Ribadisco il rammarico di aver condiviso l’esperienza solo con pochi amici ed amiche e spero che il mio scritto serva almeno a conservare la memoria di un evento raro e prezioso, che ha arricchito il nostro territorio.
Betti Briano
Maternità pesante 2006 Tuttotondo in argilla rosa · cm 29x18x18
Scultura Lirica · Nel semplice FARE
La Terra non mente mai e le sue mani aperte, tese, sono lo slancio verso l’altro di cui si sente molto il bisogno. Così il desiderio di Maternità di Donne antiche e di Donne moderne per dare continuità al Mondo in un canto, in un grido di lotta, di amore continuo e perpetuo. La terracotta con la sua “vita” interiore cantata, letta, indagata dalla volontà creativa della Amoretti ci presenta il punto di vista dell’Autrice mentre crea legami tra epoche diverse, ponendo le fratture della materia a confronto con le ferite della cultura contemporanea, rilevando la ricchezza del suo mondo espressivo dove nella Terra si ritrova il senso di un’idea.
Dottoressa Silvia Bottaro · Critico d'arte
Madonna 1994 Pannello in terracotta patinato foglia oro · cm 30x40
Vetrine d'Artista · Maria Paola Amoretti
...Questa materia (l’argilla), così semplice e nel contempo antica e ricca di rimandi, è spesso usata per le sue creazioni intense nell’espressione e nella forma, sempre affrancata da vincoli e sovrana, lirica nel contenuto della comunicazione.
... Le sue opere sono caratterizzate da ritmi e movimenti sapienti nella tecnica, implicanti e trascinanti nel contenuto: hanno una loro vita svincolata da ogni moda imperante, ma espressive della libertà formale che l’artista ha raggiunto con la forza della sua creatività.
Una sua opera è presente nella Collezione d’arte sacra contemporanea “Santa Rossello” in Savona per ricordare che Santa Maria Giuseppa Rossello è la patrona dei ceramisti liguri.
Dottoressa Silvia Bottaro · Critico d'arte
Giullare 1981 Bronzo patinato · cm 11x13x16
Dalla Rivista "ARTE più ARTE"
... I suoi bronzi condensano un’espressività scapigliata degli effetti di contrasto luministici per respingere la descrizione, ma fondare il proprio assunto nel sentimento e nel gioco impressionistico dei toni. Pertanto, le sue immagini (nudini, coppie, busti, ritratti, composizioni, ecc.) hanno un accento espressionistico nell’esasperazione delle forme che intendono esprimere la psicologia del personaggio, puntando sul colloquio silente come superamento dell’equilibrio classico. C’è dunque nella sua opera una continua astrazione del soggetto per maturare una commozione lirica, uno stile autonomo che renda appieno non il lato descrittivo, ma la poetica delle forme come capacità inventiva e riserva delle energie tese in un rapporto dinamico e drammatico tra spazio e ricerca fisionomica e dell’essere. Arturo Martini nel 1945 aveva elaborato il suo scritto “Scultura lingua morta” per risvegliare le coscienze ad una immedesimazione dell’arte come vivificazione della materia. Ed è proprio in questa sensibilizzazione dell’opera, reinventata, che opera Maria Paola Amoretti, per poter esprimere una sua capacità inventiva che superi il punto morto.
Professor Antonio De Bono · Critico d'arte
Fatica d'amare 2008 Terracotta tuttotondo dipinta · cm 27x38x50
Opera per S.M. Giuseppa Rossello
Mostra "Santa Rossello"
... Per questa speciale circostanza genovese e forte di esperienze didattiche maturate “con le mani in pasta” (laboratori creativi per ragazzi con problemi nella scuola), Maria Paola Amoretti presenta una significativa scultura realizzata in terra cotta dipinta, dal titolo “Fatica d’amare”.
Sotto il profilo formale, particolare rilievo sembrano assumere le due mani che dialogano con una sorta di piccolo scrittoio: una, la sinistra, è per l’appunto intenta a vergare parole; l’altra poggia, quasi un invito all’ascolto, sul piano stesso di scrittura direzionata verso l’osservatore e con il palmo rivolto all’insù. Passando quindi a considerare l’opera con occhio sensibile all’implicita simbologia,si direbbe che ancora le mani restino le vere protagoniste, quelle che sanno alludere in concreto, con la “solida forza” dell’argilla, ad aspetti spirituali, anche religiosi, dell’esistenza. Contemplate sotto entrambi gli aspetti, esse “sono”, comunque, Santa Rossello. Del resto, ci ricorda Ombretta Fumagalli Carulli, Maria Giuseppa era una donna generosa, vigorosa e piena di iniziative “nelle quali la contemplazione sa passare attraverso la dolcezza delle mani”. Dal canto suo, forse la Amoretti ha saputo passare, con lucidità, attraverso la propria presa di coscienza della circostanza da celebrarsi, progettando una soluzione scultorea di forte impatto emotivo.
Dottoressa Alida Genta
Fiat mihi 2008 Terracotta tuttotondo patinata foglia oro · cm 44x28x23
Dalla Presentazione della Personale "Impronte di Donna"
Se è vero che nella la bellezza si rivela lo splendore della forma, allora l'opera d'arte è sempre un' espressione di un particolare linguaggio, teso a comunicare attraverso il bello una visione determinata della realtà. Non è possibile quindi, contemplando l'opera d'arte, limitarsi al piacevole godimento della vista o dell'ascolto della poesia o della musica: l'autentica comprensione dell' opera d'arte tende a cogliere la bellezza come uno dei modi in cui si fa presente la verità. In questo senso Heidegger ha scritto: "Più filosofica della scienza e più vicina all'essenza della cosa è l'arte". Nel percorrere le sculture di Maria Paola Amoretti, sarà bene non dimenticare che nella scultura si fa corpo la verità dell'essere, il cui messaggio l'artista ha vissuto a livello di ricerca e che ora traduce sensibilmente nel linguaggio dell'arte. Guardando sinteticamente all'opera presentata (e ora stampata in questo fascicolo) non può che risultare evidente il tentativo dell'artista di esprimere l'inesprimibile mistero della vita. Le varie figure emergono con sforzo da una materia che resta in parte informa1e, non finita e che proprio per questo fa emergere il messaggio di lode alla vita. Nelle varie teste raffigurate, non sarà da cogliere ciò che immediatamente è raffigurato e visibile, c'è un aspetto non visibile che diventa importante e genera stupore e meraviglia in chi le osserva: il modo con cui quelle teste guardano il mondo, lo spazio attorno, i personaggi da cui sono circondate.
Trepido la sguardo di Maria nell'affermare "non conosco uomo"; ricco di stupore di fronte alla novità della vita è quello di Eva; drammatico lo sguardo di chi non è colto come fratello, quasi urlo silenzioso richiuso nel suo isolamento; tenero e amorosamente trepidante quello della Madonna con il Bambino.
Tutto questo è proposto con semplicità ed essenzialità, costituendo ad un tempo un serio stimolo a riflettere sulla serietà della vita nei suoi risvolti più profondi, in un momento in cui da troppe parti arrivano messaggi che, anche se non sempre sono contro la vita, non aiutano certo a riscoprine il senso.
Don Gustavo Del Santo · Teologo, filosofo e musicologo. Egregio professore di Filosofia nella Scuola Secondaria Superiore di Imperia.
Terra e Cielo (Due figure) 2005 Terracotta tuttotondo · cm 39x34x33
Tutto ha sotto il cielo una sua ora
Con il percorso di Maria Paola Amoretti, artista mediterranea ma aperta anche all'influenza di miti e simbologie urbane, che vanno oltre i confini della solarità e dei ritmi del mare, le parole di qualsiasi osservatore devono misurarsi con la dimensione dello sradicamento e dell'essere stranieri a casa propria, tra le pareti di codici consolidati e tuttavia inefficaci. Il suo lavoro con la /sulla creta e il suo lasciarsi lavorare dalla creta, in un gioco di orme e tracce, che si proiettano sulla complessità dell'operare artistico e aprono infiniti mondi, lascia infatti intravedere l'impoverimento della lingua di fronte alla pregnanza dell'energia artistica, pronta a cogliere spazi e tempi della materia, l'intensa ritmicità tra corpo e psiche, in cui si raggiunge il limite del discorso, il bordo dei concetti, "la parte divina increata" di noi come suggeriva Simone Weil.
L'intensità dei vuoti e, per contrasto, la rarefazione dei pieni, dove le sculture respirano, altro non è che l'intreccio di due punti di vista spesso irrimediabilmente contrapposti, la sacralità del mistero e l'evidenza tangibile della vita. In viaggio continuo tra annunciazioni di maternità, ansie per i germogli di nuove vite, scoperta dell'intensità del dare alla luce un mondo attraverso il figlio, la scultrice ci offre la beatitudine di Madonne-madri e la cautela di angeli, che sorprendono e guidano a cogliere la verità dell'umano un universo di creature femminili contrassegnate da curiosità e meraviglia.
Di qui l'importanza di un canovaccio che apre conversazioni indefinite tra corpi e anime, tra palpiti, impeti di vita, sorprese di energie cosmiche e silenti dimensioni dello spirito, che non vuole smarrirsi e ritrova le mappe di un cammino nella luminosa densità della carne.
La scultrice lavora la creta con forza e levità insieme, in un cammino che esalta la materia al punto da coglierne i nodi di metamorfosi e di interno superamento. Ma il lavoro sulla creta è continuo lavoro su di sé, è capacità di far emergere e lasciar apparire ciò che l'artista è, nella pienezza di un'estasi che esclude qualsiasi totalità e celebra invece la ricchezza del frammento, la potenza del taglio, l'incisività della fugace espressione, la pienezza dell'istante che elude l'insignificanza della durata.
Tre i momenti che Maria Paola Amoretti proietta sugli osservatori: lo stupore, lo spavento, l'angoscia di Ma-donne, di fronte ad un angelo che arriva alla spalle e le rende consapevoli del sogno mistico del rinascere con una nuova vita; l'accoglienza della vita futura che tuttavia non appartiene al corpo della madre, disposta a vivere il vuoto di un grembo concavo, che protegge solo nel progressivo svuotarsi; il tranquillo e beato orgoglio di volti e corpi di madri che donano percezioni e immagini di serenità a un figlio, ripreso nella fusione con seni dorati e purpurei.
In un continuo legame tra le voci segrete e inabissate del ventre e la superficie che vede la luce, i baratri del nulla si riscattano nella pienezza di senso delle generazioni di nuove aurore. Dall'annunciazione al parto, le Ma-donne di Maria Paola Amoretti vivono il continuo gioco tra perdita e riconquista del figlio.
Ricche di una sensualità mistica, dove la pienezza dei sensi trascende i limiti della terra, l'insignificanza di vincoli e catene biologiche, le Ma-donne che allattano hanno occhi nobili e popolari ad un tempo, sguardi allungati verso oriente ed occidente, poiché controllano l'orizzonte in tutti suoi dettagli e percepiscono il significato della vita per nuove creature. Con la dolcezza del latte, la funzione di un seno-amore, esibiscono fiducia e speranza, educano i sensi ancora indomiti del bambino avido e mai sazio, offrendogli possibilità di sviluppo. Lo sguardo delle Ma-donne ora si orienta verso una scena esterna ora si distende sulla prole, mentre il padre, il maschile, porge protezione al figlio, tende le reti del nome e della parentela, crea i presupposti per un riconoscimento storico. "Ma è nel brancicare del neonato, nell'adescare con il latte da parte della madre che si fonda la fiducia nell'avventura umana" come osa dirci Lella Ravasi.
Se il corpo gravido delle Ma-donne vive la logica degli opposti, esprimendosi nel gioco di superfici scabre e nel potente rinvio al vuoto, i mezzi busti di Ma-donne-ormai madri recuperano la mistica della nascita nel turgore di forme che alludono a spezie, profumi, essenze di porti senza ormeggi.
Tra le arcaiche Matres Matutae campane, statue mozzate, conservate nel Museo di Capua, che esprimono possesso senza dono, riducendosi a pietre senza sguardo e i riti contrapposti delle vergini Adonie, che negano la maternità, le creature di Maria Paola Amoretti assaporano le frontiere flessibili tra fertilità e sterilità, tra vita e morte, tra tempo ciclico e tempi multipli, tra terra e cielo.
Vagando nello studio-laboratorio, vera e propria officina dei sensi, colpisce l'epistemologia della voragine che Maria Paola Amoretti delinea per le creazioni ad occhi chiusi, complete e significative "quando ti accorgi - come lei continua a ripetere - che tutto è finito". I volti di Eva, plasmati da mani senza spessore, aprono all'inquietudine di labbra su cui si imprime il sigillo della vita e dei suoi conflitti.
La rassegna dell'artista che ha coraggiosamente unito Imperia a Milano, il gusto della salsedine alla placidità dei cortili che riposano nel grembo di austere dimore austro-ungariche, esplode in rapsodie di pensieri e versi di epoche, luoghi, donne e uomini differenti.
Graziella Arazzi
Arcobaleno nel quotidiano (2018) · Collage tridimensionale di cartone e tessuto in cassetta di legno e plexiglas, cm 50x70.
Elementi presi, scelti a comporre un sistema di classificazione quotidiana, che modula l'ordinarietà dei suoi componenti riordinandoli seguendo le personali regole dell'emotività. Chiusa in quelle teche infatti c'è un po' della sua vita, il ricordo, assieme alla storia tramandata da anni di un poverismo fatto di regole elementari quanto i suoi mezzi comunicativi. Maria paola Amoretti colleziona forme, abbina texture, regola in sequenza rapporti cromatici. Meticolosa strappa alla società qualcosa che essa stessa ha prodotto. E che ha inesorabilmente deciso di abbandonare al proprio destino. Oltre quel vetro l'artista sviluppa un'inabilità di contatto che riabilita la funzionalità di ogni singolo pezzo: la sua valenza artistico-documentaristica d'ora in poi è un dato di fatto.
Dott.ssa Flavia Motolese · Critico d'Arte
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